24 Settembre 2020 “Il Prix Italia, grazie al grande lavoro della Rai e di tutti gli altri partner coinvolti, riunisce nel nostro Paese eccellenze provenienti da ogni angolo del pianeta.
In 72 edizioni ha accompagnato l’evoluzione dei media nel loro percorso di crescita, fino a farli diventare un elemento insostituibile nelle nostre vite.
Il Prix Italia ha promosso la qualità, stimolato la creatività e dimostrato una grande capacità di accogliere le innovazioni del settore, integrando senza esitazione le nuove piattaforme e intuendone immediatamente l’enorme potenziale.
Ma quest’anno ci troviamo davanti a una pagina unica della nostra storia, che richiede un nuovo, importante salto di qualità da parte dei mezzi di comunicazione.
E sono certa che questo evento sarà ancora una volta fucina di idee, ospitando dibattiti e analisi sui cambiamenti del presente e del futuro.
Con la pandemia da Covid-19, le quarantene e il lockdown, i media hanno iniziato a ricoprire un ruolo ancor più cruciale per la nostra società diventando, in alcuni casi, l’unico collegamento tra cittadini confinati in casa e realtà esterna.
Un compito delicato, che presenta due grandi obiettivi da perseguire, entrambi di primaria importanza.
Il primo, è quello di informare, soddisfare il desiderio di conoscere e capire ciò che sta accadendo, fornendo una costante e tempestiva diffusione delle notizie.
Un’esigenza che ha ulteriormente accelerato la crescita e la diffusione di determinati servizi e programmi, come i canali allnews, l’informazione online e l’utilizzo di applicazioni per smartphone.
I cittadini hanno chiesto più informazione. E la risposta c’è stata, imponente e a volte anche eccessiva.
Informare i cittadini sulle dinamiche del contagio e i corretti comportamenti da tenere è stato, e continua ad essere, un aspetto decisivo per la gestione della pandemia.
Un incremento significativo dell’offerta informativa non sempre si traduce però in un aumento della qualità.
Ma soprattutto l’esperienza che abbiamo vissuto in questi ultimi mesi ci ha mostrato il rischio di una mancata distinzione tra il fatto e il commento.
La testimonianza più evidente di questa distorsione è stata l’improvvisa e a volte ingiustificata visibilità data agli esperti i quali si sono resi protagonisti di un susseguirsi di dibattiti e opinioni, generando a volte confusione e smarrimento nel pubblico.
Con opinioni espresse e successivamente ritrattate.
Questo è uno degli effetti più evidenti del cosiddetto fenomeno dell'”infodemia”, l’enorme flusso di notizie, incontrollato e spesso incontrollabile, che ha inevitabilmente creato disorientamento, incertezza e ansia in molti cittadini.
Il dibattito non a caso si è polarizzato su due fronti contrapposti: allarmisti e negazionisti, termine quest’ultimo peraltro assai infelice, perché ci ricorda le pagine più buie del ‘900.
A scapito della capacità di comprensione di tutti gli aspetti reali del fenomeno.
Basti pensare alle discussioni sull’efficacia vera o presunta delle mascherine, alle speculazioni sulla data di possibile scoperta del vaccino, alla diffusione giornaliera di dati non sempre congruenti.
Questo contesto ha rappresentato il terreno fertile per l’avanzata sempre più inarrestabile di un nemico già noto e contro cui ancora fatichiamo a trovare contromisure efficaci, quello delle fakenews.
Notizie fittizie e artatamente diffuse, che, soprattutto in Rete, continuano ad insinuarsi nel delicato equilibrio tra informazione e disinformazione, arrecando gravi danni ad ogni livello, dalla vita quotidiana del singolo utente ai più delicati equilibri internazionali e geopolitici.
Su questo fronte, il quadro legislativo ancora incompleto e profondamente inadeguato ad arrestare il fenomeno rappresenta il vero punto debole del web.
Da parte delle Istituzioni serve dunque una risposta immediata.
La manipolazione e il condizionamento dell’opinione pubblica possono infatti mettere in pericolo la partecipazione civica dei cittadini, minacciare anche lo Stato di diritto e la tenuta dei sistemi democratici.
Gli effetti collaterali non possono tuttavia cancellare l’indiscutibile apporto dei mezzi di informazione per il superamento della crisi.
Senza televisione, radio e web, la battaglia contro il virus sarebbe infinitamente più difficile.
E non solo sul piano dell’informazione, perché il secondo, rilevante obiettivo dei media è quello di intrattenere i cittadini.
Soprattutto nel corso di quarantene e lockdown, la grande necessità di trascorrere lunghi periodi di tempo confinati nelle proprie abitazioni, ha trovato negli strumenti multimediali un sostegno e una valvola di sfogo.
In ogni casa, in ogni famiglia, i computer, le tv, le radio hanno portato conoscenza e riflessione, ma anche sollievo, distrazione e cultura.
E questo testimonia tutte le potenzialità e la versatilità degli strumenti mediatici.
Il rischio – forse l’unico – legato al progresso sul fronte dell’intrattenimento, potrebbe evidenziarsi al momento del ritorno alla normalità. Se grazie alla creatività, i media continueranno certamente a migliorare la nostra permanenza in casa, il pericolo è che il mondo non torni più quello di prima, che la normalità diventi cioè lo smartworking, la palestra in casa, il ristorante a domicilio e gli acquisti online.
E questo potrebbe creare gravi danni alle nostre relazioni sociali oltre che compromettere una parte importante della nostra economia.
I media devono migliorare la nostra vita e non condizionarla o limitarla.
È necessario dunque che ci si interroghi sulle nuove e impegnative responsabilità di chi, in ruoli decisionali, gestisce la comunicazione e i media in generale.
La legislazione non basta.
Occorre in particolare un forte impegno deontologico fondato sulla consapevolezza del ruolo educativo e formativo dei mezzi di comunicazione.
Rispetto della dignità umana, imparzialità e rigore intellettuale sono doveri cui nessuno, nel mondo della comunicazione, si può e si deve sottrarre.
E nulla deve mai spingerci a metterli in discussione, anche a scapito del profitto e del successo.
Sono certa che il Prix Italia sia l’occasione giusta per dare un contributo concreto a questo dibattito, i cui temi saranno decisivi per definire l’identità culturale dell’informazione nei prossimi decenni.”